Perché vedete, ragazzi e ragazze, che non si studia qualcosa solo perché serve ma perché voi non siate servi,
che la distanza da voi di chi comanda sta anche in quelle 900 parole in più che lui conosce e che voi no*, e che sa ben aggrovigliare, smontare e rimontare, finché non dite “Sì” (o finché non state zitti),
che questa distanza fra chi comanda e chi è comandato, da crepa che era, adesso è un crepaccio, e si allarga di ora in ora, nascondendovi i corpi dei silenziati, degli invasi, degli affogati… sopra i quali si affaccia fra gli applausi un nuovo mondo,
che un nuovo mondo verrà, a cavallo della tecnica, – o è già venuto – , sventolando il vessillo di un progresso incessante, divorante, invincibile all’apparenza, che è buono però solo se hai il paese giusto e soprattutto se dimostri sempre credito,
oppure che un nuovo mondo non arriverà affatto, inghiottito prima da una natura ferita, imprevedibile e sovrana, o dalla smania illimitata di potere di chi comanda e sa di non trovare freno,
che se vi ingozzano a tutta forza di shock e informazioni è perché qualcuno le produce e ve le dà in pasto con malizia, per stordirvi e non lasciare il tempo di reazione, per impedire il tempo lento del pensiero, troppo faticoso e non previsto,
che ognuno si qualifica da come tratta colui dal quale non può trarre vantaggio, dal peso dato ai margini, ai confini, a ciò che non si arrende a morire schiacciato nella norma imposta ma reclama una vita variegata, nella sua innocenza di continuo minacciata,
che voi siete chi siete quando nessuno vi guarda, e che se avete bisogno di fiancheggiatori e tirapiedi a farvi forza è perché il pensiero vostro non ne ha abbastanza,
che seminare umiliazione non ha mai portato a mietere altro che vendetta, e dai tralci della prepotenza e del terrore nascono veloci i grappoli, è vero, ma il vino che ne viene corrode anche la pianta da cui nasce…
e che ogni giorno che vi trovate a vivere, d’altro canto, è un giorno intatto, da solcare scegliendo il vostro vento, spinti ognuno da un alito diverso ma pronto a fare flotta intorno a chi è più lento.
Pensavo che alzarsi ogni mattina per andare a scuola e dirlo, tutto questo, o anche lasciarlo soltanto trasparire da gesti e atti, fosse ormai superato, un esercizio di stile, quasi, a tal punto ovvio, sfinito e abusato. Pensavo che la questione ormai fosse più complessa, che il livello fosse più alto, che certe alture fossero ormai in discesa; che il mondo insomma si avviasse a essere sempre, inevitabilmente, migliore. E che si potesse anche smettere di insistere, di resistere, di tentare di costruire comunità ricche di differenze, accoglienti, democratiche e dialoganti.
Avevo torto.
*Don Milani sempre nel cuore