L’istante di silenzio sospeso che passa fra la fine dell’esecuzione di un brano splendido e l’inizio dello scrosciare dell’applauso;

la scarica liberatoria di quando, durante uno sfogo, l’altro dice le parole che vorresti prima che le pronunci tu;

l’istante sotto la doccia in cui la temperatura è finalmente perfetta;

l’attimo in cui stai per controbattere in automatico alle obiezioni del tuo amico, ma ti rendi conto che ha ragione;

ogni volta che una persona che non stimi dice qualcosa di valido, a cui non avevi mai pensato, e ci rifletti;

il raro istante in cui ti senti al posto giusto nel momento giusto;

il momento di confine in cui, quando un anziano racconta, senti che le parole diventano visione davanti ai suoi occhi;

il brivido di verità che da un palcoscenico sale e, attraversando tutta una platea, ti investe in pieno e ti consola;

l’istante di sollievo tremante in cui abbracci un tuo compagno di sventura e realizzi di aver appena finito l’esame di maturità;

l’attimo in cui stai per iniziare un libro che aspettavi da tanto e apri lentamente la prima pagina;

l’attimo in cui hai appena finito un libro che ti ha trascinato, ribaltato, scosso, invaso e non sai come chiudere l’ultima pagina e lasciarlo andare;

il bruciore nel petto con cui segui allontanarsi una persona con cui hai condiviso mille giornate, e sai che quella è stata l’ultima;

l’istante in cui ti scappa sorridendo la battuta che capisce solo quella persona,

e l’istante amaro in cui capisci che nessuno ormai riderà con te;

l’attimo, al risveglio, in cui vieni di nuovo ributtato nel mondo, ma sai che stavolta non sei solo;

il momento in cui hai tanta sete, e finalmente puoi bere, e bevi finché puoi;

l’istante di immenso sollievo in cui realizzi davvero che all’altro vai bene come sei, proprio come sei;

l’istante in cui ti arriva da un altro un’onda di sincera gratitudine, che però non ti sa dire;

l’attimo in cui realizzi che con quelle due o tre persone ti comporti esattamente come sei;

la rara occasione in cui senti che le parole che usi aderiscono del tutto a ciò che provi

e ogni volta che quello che provi combacia con quello degli altri, e riesce a dargli voce;

il singolo momento lancinante in cui ti arriva tutta la portata di ciò che hai perso

e il momento che ti avvampa, in cui ti arriva tutta la portata di ciò che hai;

l’attimo in cui capisci che certi appellativi, certi odori e persino il gusto del tuo dolce preferito dipendevano da altri, e ora, anche volendo, non li sentirai più;

l’istante di libertà somma in cui ti accorgi che fai qualcosa per te e per nessun altro,

e che in quell’istante sei tu e nessun altro;

il brivido bello e terribile dell’acqua che ti ingloba, nel primo tuffo del primo mare di questo nuovo anno;

l’attimo in cui ti arriva un profumo legato a chissà che ricordi e capisci che sai cose senza saperle;

l’istante in cui i tuoi genitori per la prima volta non ti sono più così distanti, ma sono come te,

e l’attimo in cui li perdoni, e ti perdoni;

l’istante in cui ti scolleghi da quello che fai e ti accorgi che quello che dici, convinta e seria, a una classe, non solo lo dici ma lo credi, lo vivi, e lo vedi, nei casi più fortunati, riflesso negli occhi che hai davanti;

l’istante di fastidio in cui sbatti in un modo di vedere diverso dal tuo ma, invece di scuotertelo di dosso, accetti di rimanere, stai al gioco e quella diventa un’apertura di mondo;

la carezza che arriva quando ridi, giri, fai, ma ne avevi davvero bisogno;

l’istante in cui due da lontano si parlano con gli occhi senza dire niente e poi tornano rapidi a far finta di niente;

il momento in cui ti concedi di non fare quello che dovresti ma solo, gratuitamente e innocentemente, ciò che viene.

Credo che sia solo grazie a minimi momenti fragili come questi che tutto il gran malloppo della vita che ci è stata data possa diventare sopportabile.

O anche, nel migliore dei casi, bello.

Lascia un commento