Lui entrò inseguendo una folata del vento di Marzo, quello dolce della Galilea, e scosse la tenda all’ingresso e la polvere spessa dalle ali assolate. Arrivò avvolto in parole color di pastello che, poggiatosi a terra senza rumore, senza rumore soffiò su di lei: Pace a te, o piena di Grazia.
[E fischiavano i missili in mezzo ai proclami d’attacco, lasciandosi dietro scie d’odio e potere. E sfilavano in file più lunghe i razzi più grandi, sempre più grandi, da far vedere.]
Lei turbata rimase da quel forestiero sfrontato, non capendone il volo né il verbo. Di giacinto però lui la profumava, e il suo saluto l’aveva resa intera. Lei invano tentò di scolorire il rossore dalle guance, ma pensava: nessuno a questo stato mai m’ha portata.
[E la città che era santa profanata, contesa e lacerata. Pezzo su pezzo senza pietà strappata e ricucita nella notte dalle grida di dolore e dalle lotte. Senza fine, le lotte. Come il sangue di una purezza andata, che perenne sgorga dai suoi cigli, dai suoi ulivi, da ogni strada.]
Lui l’ammirò tacendo, inchinandosi alla forza del rifugio che lei era, alla sua fierezza quieta e all’arguzia del suo amore. E le disse, con un sorriso che sapeva tante cose, seppur non dette mai: non temere, o Maria, perché la tua Grazia è arrivata fino al Cielo. E là ciò che è prezioso non si perde.
[E ognuno che guarda in cagnesco il vicino, che ne fa il suo nemico. E ognuno che difende la sua piccola cuccia, il suo tempo ristretto, infine se stesso, da tutto ciò che non è lui: da un mondo diverso e, proprio per questo, cattivo.]
Lui continuò, noncurante, come venisse da un altrove spazioso, custodendo uno scrigno in offerta: lo Spirito scenderà su di te, o fanciulla, e cingendo le tue spalle in un abbraccio, ti renderà fortezza. Dalle vostre meraviglie non nascerà che un Santo, poiché non solo frutto di donna, ma di Dio, e a entrambe le radici somigliante.
[E si odia tutto ciò che non si conosce, si violenta il vicino, si umilia, si spia. E se non esiste modo di piegarlo in ginocchio, con sadico gusto si inventa e poi, pestatolo a terra, si lascia in balia delle folle accecate e della loro arroganza, della loro follia.]
Allora lei sollevò l’animo e lo sguardo e, – senza neanche spettinarsi -, così soltanto disse allo straniero alato: eccomi, sono qui e sono sua. Che le parole altrui, portate dal vento sul tuo labbro, prendano peso nel mio grembo. Da oggi sono pronta per essere due.
Questo è il mio piccolo omaggio a un libro prezioso, che amo e consiglio: “In nome della madre” di Erri de Luca.
Sono felice di averti conosciuta di poterti seguire. Silenziosa e lieve, sensibile e serena. Grazie
Clara