Questo qua è un libro d’artista che ho realizzato per e con un’alunna dva del liceo artistico dove lavoro.
E grazie all’impareggiabile aiuto tecnico di colleghi che di quella scuola sono ricchezza.

Nel giorno della festa dei lavoratori io mi sento fortunata a fare un lavoro, tra gli altri, che mi permette di sentirmi viva, libera, utile.

In un paese in cui è già tanto se non ci muori a lavoro, e dove è ancora troppo saldo il legame fra lavoro e sacrificio (perché, nel caso in cui non lavori incessantemente, con l’ansia e magari facendo soffrire pure i colleghi, non pare tu stia facendo un lavoro vero), mi sento fortunata a poter vivere ancora il lavoro così.

Eppure non dovrebbe essere una fortuna sporadica, non dovremmo ritrovarci a difendere quello che è stato costruito insieme, ma dovrebbero essere promossi e voluti ambienti di questo tipo, luoghi di collaborazione e intesa, dove il benessere gira ed è sia fisico che mentale.

Un lavoro che dà gioia agli altri e soddisfazione a sé, dove ti senti apprezzata e nutrita e quindi fai fiorire e vivere bene pure chi ti lavora accanto, dovrebbe essere la norma.

E invece, spesso, se pure una tale combinazione felice si crea, ti ritrovi a doverla difendere come un’eccezione.
O addirittura come un vero privilegio, perché è già tanto che un lavoro ce l’hai, che sia più o meno stabile e che non ci muori dentro.

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